Il Moige in audizione alla Camera per il sostegno alle famiglie

Sull’assegno unico per sostenere le famiglie e la natalità non c’è più tempo da perdere! 

Questo è il messaggio che abbiamo voluto esprimere durante l’audizione in Commissione affari sociali della Camera.

Sono più di 30 anni che, con differenti sentenze, la Corte Costituzionale afferma che il nostro sistema fiscale, contrariamente a quanto previsto dalla Costituzione, non aiuta né promuove la famiglia, sottoponendola invece a una tassazione iniqua.

Dai dati ISTAT, apprendiamo come negli ultimi 4 anni crescono di quasi il 2% gli italiani che lasciano il Paese. Ogni anno sparisce una città come Palermo (677 mila persone) e siamo costantemente sotto la soglia critica delle 500 mila nascite annue. La nostra è una emorragia demografica mai interrotta dal 2008.
I dati OCSE sono spaventosi: l’Italia è già entrata in una spirale apparentemente inarrestabile che entro il 2050 produrrà più cittadini pensionati che lavoratori.

D’altronde, se l’orientamento degli ultimi vent’anni è stato quello di prevedere il 50 per cento della spesa sociale per le pensioni e solo il 6 per cento per le famiglie, quest’esito non dovrebbe sorprendere più di tanto.

Si tratta di un allarme in campo economico e sociale che ci auguriamo il governo affronti con la dovuta serietà.

Il tema della povertà è strettamente connesso con quello della natalità, le due questioni si rincorrono a vicenda.

Già da tempo come Moige chiediamo una defiscalizzazione delle famiglie, per via dei loro oneri. In questo momento il sistema non è basato sulla capacità contributiva delle singole unità familiari, ma su quella retributiva. Avere quasi lo stesso apporto di tasse per una famiglia senza figli e per una che ne ha tre è una discriminazione non indifferente.
Oggi le famiglie, con diversi limiti di reddito o condizione, possono contare su: bonus bebè (1.000 euro per 3 anni), bonus mamma domani (800 euro una tantum), bonus asilo nido (1.000 euro), bonus babysitter (600 euro), bonus 18enni (500 euro). Oltre a questo, ci sono gli aiuti storici, per quanto limitati: le detrazioni per i minori (10,5 miliardi), non riconosciute agli incapienti, gli assegni al nucleo familiare per lavoratori dipendenti e pensionati (6,5 miliardi), l’assegno a chi ha 3 o più figli (800 milioni).

Confidiamo nel buon senso di un Governo che senza ideologie, affronti i problemi reali delle famiglie. Dare priorità a provvedimenti che riguardano il futuro dell’Italia e su cui tutti i partiti hanno sempre mostrato convergenza, come l’assegno unico, evitando di fare sintesi su temi etici.

L’idea di un assegno universale pone un tema di equità molto forte.

In Italia oggi è più che mai necessario riuscire a convergere sull’idea che una cosa sono gli aiuti ai poveri, un’altra gli aiuti alle famiglie. Aver confuso i piani per anni ha generato un sistema di welfare che non aiuta i più bisognosi ma mette l’Italia in coda a tutte le classifiche in termini di sostegni alle famiglie.

L’assegno unico non dovrebbe avere come unico riferimento per l’accesso il reddito. Perché il reddito può valere come indicatore per molte altre questioni, ma sui carichi familiari incidono molte altre cose.

Due genitori non sono più o meno ricchi in base agli stipendi che hanno, ma in base a fattori come: luogo di residenza (città del Nord o paese del Sud, ad esempio), distanza dal posto di lavoro (costi e tempi di trasferimento), orario e/o flessibilità di lavoro, tempo libero a disposizione (se esco alle 16 dal lavoro è una cosa, se esco alle 18 è un’altra, dovendo riprendere i figli che a scuola escono ad esempio alle 14 o alle 16,30), presenza di nonni (se ho 4 nonni a disposizione è una cosa, se mi sono trasferito e non ne ho è tutta un’altra), proprietà e pensione dei nonni (se i nonni hanno case al mare e in montagna è una cosa, se sono poveri è un’altra, così come se ad esempio hanno pensioni elevate), sicurezza del posto di lavoro.. etc.

Inoltre, da un punto di vista culturale, lo Stato deve dimostrare che una cosa sono gli aiuti alla povertà, un’altra le politiche per la famiglia e la natalità. È importante, perché trasferisce l’idea che i figli sono un valore pubblico a prescindere. E fa cultura.

In Francia il governo Macron sta valutando di limitare i generosi assegni familiari a chi guadagna più di 8.500 euro lordi al mese. L’Unione nazionale delle associazioni familiari ha contestato duramente questo tentativo in quanto aprirebbe una strada pericolosa.

L’Italia ha il problema opposto. Il sistema di assegni familiari concede sostegni analoghi a quelli delle nazioni più avanzate se si tratta di redditi bassi, ma diventa irrilevante quando si arriva al ceto-medio. È un problema noto agli esperti. Le famiglie italiane con reddito medio sono quelle che più si impoveriscono in Europa se hanno figli da mantenere.

Un bonus-figli netto può aiutare a formare una nuova cultura, grazie all’impatto simbolico che può avere. Ma non basta. Oltre a bonus e ad assegni, i fattori che favoriscono la natalità sono: il riconoscimento sociale del valore della famiglia, la possibilità di conciliare lavoro domestico e lavoro fuori casa o l’assenza di barriere per le donne che dopo il parto rientrano al lavoro. Ma anche un contesto professionale in cui chi ha figli non è lasciato solo, carriere che non escludono la possibilità di una famiglia e il supporto delle comunità e delle città che non siano ostili ai bambini.

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