Vatican girl

È un pomeriggio di giugno del 1983. Una donna, di nome Maria, sta stendendo l’impasto della pizza sul pianale del tavolo da cucina. Suo figlio Pietro è seduto in sala a guardare la tv, annoiato e infastidito dalla canicola estiva. La vita sembra scorrere placida, fintanto che la porta di casa non si apre: “Emanuela è arrivata a casa?”. Il quesito è posto da Maria Cristina, ultimogenita, che a lungo ha aspettato sua sorella maggiore davanti al “Palazzaccio” di Roma insieme a degli amici comuni.
A prima vista, la storia di Emanuela potrebbe sembrare una marachella adolescenziale più che una sparizione misteriosa, del tutto risolvibile nell’arco di poche ore. Ma Emanuela non è una come tante. È una ragazza di Città del Vaticano e alle ragazze di questo stato non può, o meglio, non deve accadere nulla che possa essere chiacchierato o – peggio ancora – indagato oltre le mura blasonate del Papa.
Il caso di Emanuela Orlandi viene dipanato nella docu-serie delineando tre teorie principali: la pista terroristica internazionale con il KGB e i Lupi Grigi, la malavita organizzata italiana con la banda della Magliana in concussione con il Banco Ambrosiano e l’ipotesi di un giro di avances sessuali. Tutte queste strade portano nello stesso luogo d’influenza: il Vaticano.
Lo schema narrativo si avviluppa su false partenze e bruschi contraccolpi che minano la fiducia dello spettatore nel ritrovare Emanuela, rendendolo compartecipe al dolore umano dei familiari, disposti a tutto pur di far luce su questo dramma esistenziale. Una serie adatta ai +18 per i temi affrontati.