Storia di una famiglia per bene – Seconda stagione

Michele, in carcere, vive una situazione paradossale: per la giustizia è un criminale, per i malviventi un infame che ha rinnegato le proprie origini. Intanto Maria, la giovane per cui ha deciso di cambiare vita, dà alla luce il loro bambino. Michele riconosce il figlio, ma chiede che non porti il suo cognome e che venga tenuto lontano dalla madre e dall’ambiente mafioso che lo ha segnato. I due innamorati sperano di ricongiungersi fuori dal carcere, ma un agguato cambia tutto: il ragazzo viene sfigurato con l’acido. Gli viene offerto un volto nuovo e una nuova identità a patto che collabori con la giustizia per incastrare due famiglie mafiose rivali, una delle quali è la sua. Accetta, spinto dalla speranza di salvare Maria e garantire al figlio un futuro lontano dalla criminalità.
La serie assume i toni di una telenovela, con vicende inverosimili e un’esagerata quantità di morti, spesso non necessari al racconto, utilizzati più per accentuare il dramma che per motivazioni narrative. Il finale, prevedibilmente lieto, arriva solo dopo che tutto sembra irrimediabilmente perduto, con Maria vittima di ogni genere di ingiustizia.
Non fa una bella figura il colonnello dei Carabinieri che guida l’operazione: usa Michele come infiltrato senza alcuna considerazione per i suoi sacrifici personali o il rischio di perdere la vita, concentrandosi esclusivamente sul risultato.
Una nota positiva è rappresentata dalla dedizione di Maria per i ragazzini del quartiere e il suo impegno nel cercare di salvarli dalle grinfie della mafia, anche a costo della propria incolumità.