Sconfort Zone

Cosa fare quando perdi l’ispirazione e senti che la tua carriera è finita? È la domanda che assilla Maccio Capatonda nella nuova serie “Sconfort Zone”. La situazione ideale pare presentarsi quando un terapista sperimentale si propone di aiutarlo: l’antidoto sembra essere quello di vivere il proprio disagio, vivendo ogni suo peggior incubo fino a demolire la sua comfort zone. In ogni episodio Maccio deve affrontare una nuova sfida, dal fingersi un malato terminale al lasciare un’altra persona, decidere tutto al posto suo fino a tradire la sua compagna e, infine, uccidere una persona.
In questo racconto metacinematografico, Maccio Capatonda parte da pretesti comici per arrivare a vivisezionare il proprio personaggio in modo drammatico, analizzando e raccontandosi nella propria vulnerabilità e mettendosi a nudo in un modo nuovo, in tutta la sua fragilità.
Il pretesto della serie è estremamente interessante e profondo, portando a far pensare sull’umanità delle figure pubbliche che siamo abituati a vedere come meri personaggi. “Sconfort Zone”, quindi, sembra voler far riflettere su un tema attuale di cui si parla a fatica, mantenendo un tono comico. Purtroppo, però, fallisce in entrambi gli obiettivi consegnando al pubblico un prodotto che lascia molti interrogativi sull’effettivo senso finale della storia, ma soprattutto sfocia in volgarità e una demenzialità sgradevole.
La fiction è consigliata ad un pubblico +16 per la presenza di scene sessualmente esplicite e per il linguaggio colorito e demenziale.