La farfalla impazzita

La farfalla impazzita è il nome che nel film tv il figlio dà alla protagonista, Giulia Spizzichino, (nella realtà le fu dato da un amico), una donna realmente esistita e sopravvissuta all’Olocausto in cui perse ventisei familiari, di cui sette nell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Giulia “sbatte le ali” senza riposo perché non ha mai superato il dolore e non riesce ad avere una vita serena né col marito, che le sta accanto con pazienza e discrezione, né col figlio, che le rimprovera l’ossessione per il passato.
Ciò perdura fin quando non arriva l’occasione di dar un senso al suo dolore: le viene chiesto di testimoniarlo in pubblico raccontando i fatti accaduti per riuscire a ottenere l’estradizione di Erich Priebke, l’ufficiale nazista responsabile della terribile strage, e poi al suo processo. Giulia compie un percorso di rielaborazione di quel male, supportata anche da una donna argentina che ha perso la figlia tra i “desaparecidos”.
Le ingiustizie sono uguali ovunque e i dolori si somigliano: l’esempio di coraggio di una persona può dare la forza a un’altra di non arrendersi. La storia insegna l’importanza di perseguire la giustizia rispettando le leggi, anche quando sembrano non aiutare le vittime: è ciò che le distingue dal carnefice – che le calpesta e dimentica ogni umanità -, e che porta all’affermazione della verità. Un esempio per le nuove generazioni, un monito per non dimenticare e combattere perché tali atrocità non si ripetano.
Giulia, grazie a questo percorso, riconosce che quel dolore mai sopito ha influenzato i suoi rapporti d’amore e chiede scusa.